APPELLO PER IL SOCIAL FORUM DI MALMO (17-21 SETTEMBRE
2008)
Siamo il Collettivo
Autorganizzato dell’Università Orientale di Napoli (Italy), un collettivo indipendente da partiti e sindacati organici a
quel quadro istituzionale contro il quale da anni, quotidianamente, pratichiamo
un duro conflitto.
I governi italiani che si sono succeduti negli ultimi venti anni hanno
portato e continuano a portare avanti politiche che attaccano le condizioni di
vita, di studio e di lavoro dei proletari, in continuità con gli obiettivi
strategici del processo di integrazione europea. In questo contesto, sia le
maggioranze di centro-destra che di centro-sinistra hanno sempre ricevuto il
sostegno incondizionato delle maggiori confederazioni sindacali (CGIL, CISL,
UIL, UGL, e da parte studentesca UDS e UDU), le quali svolgono una funzione esclusivamente
concertativa e filo-padronale.
Siamo consapevoli (ed è per questo motivo che ci teniamo, seppur
brevemente, a specificare questo aspetto!) che questa condizione non è esclusiva
del caso italiano, che a
livello europeo i proletari soffrono, a vari livelli, la stessa condizione e che la CES-ETUC
tutto tutela, fuorché i loro interessi.
Dal 17 al 21 settembre 2008 si terrà a Malmo (Svezia) il quinto Social
Forum Europeo ed in contemporanea il Forum Studentesco Europeo. Questi
incontri, nonostante i forti limiti riscontrabili sin dalla loro nascita,
costituiscono una concreta possibilità di muoversi nella direzione di raccordo
delle diverse lotte che, a livello europeo, hanno luogo contro lo Spazio Europeo dell’Istruzione
Superiore.
Questi anni ci hanno visto costantemente impegnati nella nostra
università, nella nostra città, nel nostro paese, in una lotta serrata contro
le riforme nazionali del sistema universitario. Nonostante il lavoro svolto e
la consapevolezza della necessità di procedere in questa direzione, siamo
coscienti del fatto che, anche in questo caso (soprattutto in questo caso!), le
trasformazioni avvenute nel nostro
sistema formativo interessano l’intera Unione Europea, in quanto frutto del Processo di Bologna e rispondenti all’esigenza, così ben espressa nella Strategia di
Lisbona, di fare dell’UE “l’economia
della conoscenza più competitiva e dinamica del mondo”, in grado di
competere a pieno titolo sulla scena globale, come polo imperialista, al pari
col “fratello nemico” statunitense.
La selezione di classe – insita nel cosiddetto “riordino dei cicli”, nei numeri chiusi, nella
destrutturazione del diritto allo studio (assenza totale o smantellamento di
ciò che resta del diritto degli studenti ad alloggi, borse di studio, mense
ecc.) -, la quantificazione
delle conoscenze acquisite tramite il credito formativo (sistema ECTS), la
volontà di instillare il cosiddetto “spirito d’impresa” negli
“studenti-utenti-clienti” – con l’obiettivo di far
radicare l’idea della normalità e
necessità della competizione individuale, del costante auto-aggiornamento
per le esigenze della produzione e col risultato dell’alienazione di ogni
aspetto dell’esistenza ed infine, non ultima, la penetrazione delle imprese nelle università, sono tratti comuni alle riforme che i diversi governi stanno portando
avanti.
Tutte le riforme ed i progetti di riforma, nel quadro complessivo
dell’UE, seppur fermi a livelli differenti di sviluppo rispetto agli obiettivi
prepostisi (ci sono paesi in cui il processo è ai primi passi ed altri in cui è
pervenuto ad una certa maturità), evidenziano le medesime linee tendenziali,
proprio perché riconducibili alla medesima strategia alla quale facciamo
riferimento. L’adeguamento
dell’istruzione e della formazione alle nuove esigenze del mercato del lavoro
europeo è considerato un tassello fondamentale per il rilancio dell’economia
capitalista dell’UE, per far sì che il sistema economico sia realmente
competitivo a livello internazionale.
L’università, in questo
modo ed in questo contesto politico, prosegue la sua opera di riproduzione dei rapporti sociali di
produzione e si profila (come storicamente insito nel proprio
ruolo) come “garante naturale” per sviluppare, sempre di più, una “corretta educazione”
dello studente a quello che sarà il “nuovo” mercato del lavoro, con i suoi
ritmi, con la sua flessibilità, con il suo sfruttamento.
Dinanzi a tutto ciò, la risposta che dobbiamo dare non può rimanere
relegata ai confini nazionali: non è solo un salto d’analisi teorica ad esserci
richiesto in questa fase; dobbiamo
essere capaci di rispondere con le lotte allo stesso livello al quale vengono
portati gli attacchi, quello europeo. Abbiamo l’esigenza
di ricercare, necessariamente insieme, un accordo su quelle linee di tendenza
che abbiamo provato, in breve, a delineare ma che necessitano sicuramente di
essere ampliate e discusse grazie al contributo di tutti e di tutte, affinché
possano diventare la piattaforma dalla quale far ripartire fin da subito la
lotta su parole d’ordine chiare, condivise ed accessibili.
Per tale ragione riteniamo
non solo utile, ma necessario, sviluppare e far crescere nuove forme di
coordinamento con altre realtà studentesche e giovanili che quotidianamente sono impegnate nella lotta contro lo Spazio Europeo
della Educazione Superiore e cogliere qualsiasi occasione per il dibattito ed
il confronto.
Il FSE va quindi considerato, in quest’ottica, come un’importante
occasione per incontrarsi, confrontarsi ed elaborare analisi e piattaforme di
lotta comuni.
No al Processo di Bologna!
No all’Europa dei Padroni e alle sue direttive sulla formazione!
All’unità degli oppressori rispondiamo con l’unità degli oppressi!
La lotta è l’unico cammino!